Cascina Vignazza e Molini in Borgo San Siro (PV)
Cascina Vignazza e Molini
Cascina Molini dell’Ospedale e Cascina Vignazza rappresentano un nucleodi edifici che definivano la frazione Vallazza, oggi non più esistente a livello amministrativo; è uno dei numerosi nuclei rurali oggi abbandonati che caratterizzano il territorio della Lomellina.
Cascina Molini

Il nucleo Molini dell’Ospedale (o anche Molino dell’Ospedale, o Cascina Molini) si trova lungo il percorso che da Borgo San Siro porta verso Parasacco e Zerbolò (l’odierna Strada Provinciale SP3), in corrispondenza del punto in cui questa strada piega a Est verso la Valle del Ticino, una zona segnata da un articolato intreccio di canali e corsi d’acqua: Roggia Vecchia, Roggia Castellana, Roggia Magna.È accessibile dalla SP3 tramite due ponti carrabili: uno in cotto, l’altro in ferro che scavalcano la Roggia Castellana. La cascina è chiusa da due cancelli e presenta una recinzione in rete metallica su una porzione del perimetro che la separa dalla Roggia.
l sistema di canali e rogge in adiacenza all’area non presentano elementi di protezione ad eccezione di quelli formati da siepi di alberi e arbusti che, tranne nei mesi invernali, creano un filtro invalicabile.
L’area, di proprietà dell’Ente Ospedaliero Policlinico San Matteo di Pavia, ha una superficie territoriale di circa 11070 mq, corsi d’acqua compresi.
Il nucleo cascinale è composto da una serie di edifici di diversa destinazione distribuiti attorno a una corte di piccole dimensioni aperta a Sud verso la strada provinciale. L’edificio principale è quello del Mulino, collocato a cavallo della Roggia Castellana; la costruzione di questo fabbricato risale al 1739, come è testimoniato da due lastre in granito: una murata sul prospetto Ovest del fabbricato, l’altra all’innesto della volta chesovrasta la Roggia Castellana. All’interno del Mulino al piano primo sulla parete ad Ovest è presente una pregevole raffigurazione pittorica di Madonna con Bambino.
Sul fronte occidentale, verso la corte, l’edificio del Mulino conserva parte del porticato che in origine definiva tutta la facciata. Il tetto in coppi è parzialmente crollato a causa della scarsa manutenzione e dello stato di abbandono in cui si trova l’edificio. Sul retro un corpo di fabbrica, aggiunto nella prima metà del Novecento, definisce il volume utilizzato per la realizzazione di una centrale idroelettrica.
Di fronte al Mulino, sull’altro lato del cortile è ubicato un fabbricato di tre piani con annesso portico, con copertura in coppi. L’edificio ospitava, al piano terra varie attività: ristorazione (locanda, osteria), ricreativa (sala da ballo) e vendita tabacchi, ai piani superiori la residenza. La piccola corte è chiusa a Nord da un edificio residenziale, su due piani, anch’esso coperto con coppi come i precedenti fabbricati. Adiacente all’area si trova un ulteriore fabbricato di due piani, anch’esso di uso residenziale, oggi non più utilizzato.
Cascina Vignazza
Cascina Vignazza, in stato di abbandono, è ubicata in adiacenza del nucleo di Molini dell’Ospedale, ed è accessibile dalla Strada Provinciale SP3 percorrendo prima il ponte sulla roggia Castellana e poi la strada interpoderale in terra battuta che la attraversa e prosegue all'interno del Parco Naturale collegando altre cascine e nuclei rurali, tra i quali il più vicino e consistente denominato Molino d’Isella, in territorio di Gambolo', noto per la presenza della ex casa di caccia "Villa Necchi".
L’area di pertinenza dei fabbricati della cascina, di proprietà dell’Ente Ospedaliero Policlinico San Matteo di Pavia, ha una superficie territoriale di circa ha 1.90.90.
L’impianto originario del nucleo cascinale, costruito ex-novo nel 1901, è ancora leggibile, nonostante gli edifici siano in condizione di ruderi e rappresenta un significativo esempio della tipologia a corte chiusa.
Nel nucleo principale sono distribuiti attorno alla corte quattro gruppi di edifici: sul lato Sud (con l’esposizione migliore) la Casa padronale su due piani; sul lato Est le abitazione dei salariati su due piani, con sviluppo ad “L”, formano una corte più piccola aperta verso Sud-Est; sul lato Nord i due grandi edifici delle stalle, senza copertura e quasi completamente distrutti, con una classica tipologia in linea orientata Est – Ovest; sul lato Ovest, a chiusura dell’intera corte, sono localizzati in un solo edificio lineare i magazzini e i depositi, anch'essi ormai quasi completamente diroccati,
Al centro della corte principale è situato un esempio di “abbeveratoio a guado” (diviso in due parti, una più bassa dove gli animali immergono le zampe, e una più alta, per l'abbeveramento, realizzato in cemento e alimentato da un pozzo artesiano ancora efficiente; la "fontana", come viene comunemente chiamata, risulta ben conservata.
All’esterno della corte chiusa, a Sud della casa padronale e da questa separata da un’ampia aia, è ubicato un edificio in linea, con pilastri in muratura a vista e copertura in coppi, che risulta composto di due parti: un portico e un magazzino.
L’edificio, adibito a dormitorio delle mondariso, con adiacente essiccatoio, durante la Seconda Guerra Mondiale fu utilizzato dai tedeschi occupanti come campo per prigionieri di guerra. I soldati inglesi, che vi alloggiavano, avevano il compito di aiutare le mondariso nel lavoro dei campi. Questo momento storico è stato ricordato nell'anno 2005, dopo che un ex soldato inglese, Desmond Jones, prigioniero di guerra nel campo, chiese informazioni al comune di Borgo San Siro sullo stato del luogo dal quale era riuscito a fuggire e che intendeva rivedere. In seguito il Comune ha posto due targhe a testimonianza dell’esistenza del campo una nel 2005, l’altra nel 2012.
